ricerca e trova: ma davvero?

anziano che lavora a un pc

cortesia di Sweet Life

Vuoi vivere a lungo e in salute? Non smettere mai di lavorare! Detta così è un po’ brutale, ma gli studi scientifici dimostrano che ritardare il pensionamento rallenta il declino cognitivo e consente di sfuggire all’isolamento sociale. [Secondo] la ricerca più esaustiva […] gli over 65 che lavorano hanno tre volte più probabilità di stare meglio fisicamente rispetto a chi è inattivo e il 50% di probabilità in meno di contrarre patologie serie, come cancro o malattie cardiache.

Milena Gabanelli su il Corriere della Sera del 15 maggio 2023

Cum hoc ergo propter hoc, dicevano (evidenziando l’errore) i latini. Correlation is not causation, dicono gli anglosassoni. Traduco il concetto in italiano, a costo ahimé di diventare ripetitivo: non basta osservare due circostanze insieme per affermare che una è causa dell’altra.

Passi per la gente comune, ma quando a violare questa regola sono giornalisti investigativi, avvezzi a discutere di dati, per giunta su un tema così dibattuto e abusato, a pensare male… si fa peccato? E così mi sento in dovere di spendere qualche riga per rimettere le cose a posto.

Non è vero che studi scientifici dimostrano che ritardare il pensionamento rallenta il declino cognitivo. Perlomeno non quello principale citato dall’autrice del pezzo.

Mi è già capitato di spiegare che gli studi scientifici possono dividersi (a grandi linee) in due categorie: gli studi randomizzati e quelli osservazionali.

Nei primi i soggetti partecipanti vengono suddivisi casualmente in due o più gruppi, a ciascuno dei quali corrisponde un trattamento diverso; nei secondi, invece, la formazione dei gruppi e dei relativi trattamenti (per esempio: vaccinarsi/non vaccinarsi, bere/non bere caffè, coricarsi presto/tardi) dipende dalla libera scelta di ciascun soggetto partecipante.

Le conclusioni degli studi randomizzati sono le più solide perché, siccome il sorteggio casuale garantisce imparzialità nella formazione iniziale dei gruppi, la rilevazione finale di eventuali differenze tra di loro permette di attribuirne la causa al diverso trattamento. Non sempre però è etico od opportuno condurre uno studio randomizzato (perché per esempio non si può imporre alle persone un certo comportamento quotidiano che sarebbe troppo pesante da rispettare, o un qualche trattamento medico di discutibile natura), e allora è giocoforza affidarsi agli studi osservazionali. A differenza degli studi randomizzati, in quelli osservazionali le eventuali differenze rilevate a posteriori tra i gruppi non possono essere attribuite direttamente ai corrispondenti trattamenti, perché la libera scelta può dipendere in maniera palese o latente, da tanti altri fattori.

Lo studio citato dalla Gabanelli è uno studio osservazionale; è evidente infatti che non si può decidere tramite sorteggio chi deve continuare a lavorare e chi invece deve smettere, solo per verificare chi starà meglio qualche anno dopo. Non può dunque, da solo, stabilire un nesso di causalità tra lavoro in età avanzata e buona salute, ma solo constatare una correlazione che può avere mille plausibili spiegazioni: per esempio il reddito, che può incidere sia sulla possibilità di ciascun individuo di ottenere cure migliori che sulla sua volontà di rimandare l’età del pensionamento. Oppure il nesso casuale può esserci, ma alla rovescia: chi gode di buona salute può continuare a lavorare, al contrario di chi invece, non essendo più nel pieno delle sue forze, non può mantenere fisicamente un lavoro impegnativo. E’ scritto nell’articolo dello stesso studio: healthier individuals are more likely to continue working, while those in poorer health are more likely to either exit the workforce or shift into less physically demanding white collar occupations.

Insomma, la domanda diventa: lavorare fino a tarda età fa bene alla salute o stare bene in salute permette di lavorare fino a tarda età?

Sostituendo poi “lavorare fino a tarda età” con “fare attività fisica” si ritrova la battuta che ho citato nel mio ultimo pezzo, nel quale avevo anche spiegato che alto e basso è cosa diversa da alzare e abbassare, ovvero, nel presente caso, che lento e veloce è cosa diversa da rallentare e accelerare.

Un conto è sostenere che chi lavora in età avanzata gode di salute migliore rispetto a chi ha smesso prima (come dicono i risultati dello studio osservazionale), un altro è affermare che il lavoro in età avanzata rallenta il decadimento cognitivo (conclusione che non può essere giustificata dalla semplice presenza di due circostanze concomitanti).

E’ scritto, ancora una volta, nell’articolo dello stesso studio: This study used pooled cross-sectional data, and therefore causal inferences cannot be made.

Non solo dunque cum hoc ergo propter hoc, ovvero correlation is not causation, ma anche: leggi le fonti prima di citarle, e riportane le risultanze senza travisarle. O, addirittura, ribaltarle.

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