lo strano caso dei numeri di immuni

Da quando è stata lanciata su tutto il territorio nazionale, il 15 giugno scorso, in Italia si sono contati circa 10 mila contagi, di questi scovati grazie a Immuni appena 47. Fatte le debite proporzioni, calcolando che ad averla installata sul proprio smartphone è il 7,7% della popolazione complessiva, almeno 7-800 casi si sarebbero dovuti attribuire alla app, invece qui siamo allo zero virgola qualcosa.

da La Stampa, 1 agosto 2020

Così qualche giorno fa Paolo Russo, commentando il misero numero di casi di covid19 individuati, concludeva che c’è qualcosa di serio che non funziona nell’app Immuni.

I numeri sono stati poi aggiornati dal Ministero dell’Innovazione, ma rimangono comunque estremamente modesti. In ogni caso, su Il Post Maurizio Codogno ha spiegato che ciò non dipende da un qualche difetto del sistema o del comportamento dei suoi utenti, ma è una conseguenza diretta della bassa percentuale di persone che usano l’app.

Qui vorrei semplicemente estendere la sua spiegazione aiutandomi con un semplice diagramma e una tabella numerica.

Ogni caso di contagio contempla una coppia di persone: colui che, essendone portatore, trasmette il virus (che chiamerò contagiante), e colui a cui viene trasmesso il virus (che chiamerò contagiato).

Ora, può essere che il contagiante abbia l’app Immuni oppure no, e, analogamente, che il contagiato abbia l’app Immuni, o no. In definitiva, per ogni contagio accertato possono darsi quattro casi che ho riportato nello schema seguente, chiarendone poi, brevemente, i ruoli.

  1. Il caso in cui entrambe le parti non hanno Immuni è del tutto estraneo (nel senso di esterno) al suo sistema. E’ un caso quindi che sfugge completamente a Immuni.
  2. Quando solo il contagiante ha Immuni, il contagiato, non avendo l’app, non può avere ricevuto alcuna notifica di esposizione al virus. Pertanto, il contagio deve necessariamente essere stato scoperto al di fuori del sistema di avvisi dell’app (per esempio, per un controllo a campione o a tappeto sul luogo di lavoro) e per questo l’ho descritto come identificazione mancata. Anche questo dunque è un caso che sfugge a Immuni.
  3. Anche quando solo il contagiato ha Immuni esso deve avere scoperto la sua positività per altra via, perché il contagiante, non avendo l’app, non può averlo allertato. Sebbene questo caso di contagio non possa dirsi identificato grazie a Immuni, esso è diverso dal precedente. L’ho chiamato innesco perché solo l’inserimento di un positivo tra la sua base utenti permette a Immuni di cominciare a funzionare: il contagiato segnala il proprio stato all’app che invia una notifiche a ciascuno dei suoi contatti e permette così di cercare e trovare, a cascata, degli altri casi di contagio.
  4. Solo quando entrambe le parti hanno Immuni il contagio viene identificato grazie alla piattaforma. Il contagiante, infatti, segnala la sua positività tramite l’app e il contagiato, sempre tramite l’app, viene avvisato di modo che si sottoponga al test con tampone.

A questo punto possiamo fare un calcolo di massima, inserendo dei numeri in una tabella che ricalca lo schema della precedente. Facciamo conto di avere 10mila casi totali a fronte di una percentuale di persone che usa Immuni del 10% (ho liberamente arrotondato la percentuale considerata da Russo per semplificare i calcoli). Se supponiamo che la rilevazione dei casi di contagio non dipenda dal possesso dell’app, allora nella prima casella di ogni riga e colonna occorre riportare il 10% del corrispondente totale.

contagiato
ha non ha totali
contagiante ha 100 900 1.000
non ha 900 8.100 9.000
totali 1.000 9.000 10.000

E’ vero che i casi in cui il contagiato ha Immuni, rappresentando il 10% del totale, ammontano complessivamente a 1.000, così come quelli in cui il contagiante ha l’app; ma questi casi, come appena visto, si riferiscono a due combinazioni diverse di cui la più frequente sfugge al sistema di rilevazione di Immuni.
Nelle statistiche di Immuni entrano sono i casi della prima cella in alto a sinistra, corrispondenti ai contagi in cui sia il contagiante che il contagiato hanno Immuni: 100 in tutto, cioè il 10% del totale di riga (o di colonna), e quindi il 10% del 10%, cioè l’1% del totale.

Un dato sconfortante, ma coerente con le premesse. Insomma, semplicemente la base utenti di Immuni è ancora troppo ridotta per rendere il sistema uno strumento efficace contro la diffusione dei contagi.

Sostituendo il 7,7% rilevato da Russo al posto del 10% imputato per pura comodità di calcolo, i primi totali di riga e colonna passerebbero da 1000 a 770, e i 100 diventerebbero 56, pari allo 0,64% del totale; un valore assoluto comparabile per ordine di grandezza con quello effettivamente registrato. E Codogno fa presente che il numero rilevato di 47 va confrontato con l’ultimo numero assoluto, non il precedente.

Però, a me pare che i dati comunicati dal Ministero siano riportati in modo ambiguo. Non mi è per nulla chiaro se con l’espressione persone positive che, avendo Immuni sul cellulare ci si riferisca ai soli contagi identificati grazie a Immuni o a tutti quelli in cui il contagiato ha Immuni.

In verità ci sarebbe modo di fare luce su questo punto. Anche i 770 casi teorici in cui il contagiato ha Immuni possono essere confrontati con un numero effettivo: basta contare quanti utenti di Immuni hanno segnalato tramite l’app la loro positività, indipendentemente dal fatto di essersi sottoposti al test dopo avere ricevuto o meno una notifica di esposizione al virus dall’app stessa. Ma, purtroppo, di questo dato non trovo traccia.

A me, dunque, rimane il dubbio se le statistiche siano sballate o semplicemente comunicate in modo parziale e opaco.

1 pensiero su “lo strano caso dei numeri di immuni

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