tra il vendere e il leggere c’è di mezzo un mare da premettere

una pila di libri sopra una coperta fatta a magliaMilano si conferma la città dove si legge di più in Italia. È l’esito della classifica stilata da Amazon e il capoluogo lombardo per il decimo anno consecutivo è in vetta alle città che non vogliono rinunciare alla lettura. A seguire Roma e Torino […] e poi ancora Bologna e Genova, che chiude la top five e dimostra l’importanza che ancora riveste per i suoi abitanti la lettura. Tra le prime dieci, dal sesto al decimo posto, ci sono Firenze, Napoli, Padova, Verona e infine Trieste.

da il Fatto Quotidiano, 11 agosto 2022

Tempo fa scrivevo che la Lombardia è la candidata naturale a essere la prima regione italiana in graduatoria secondo la maggior parte delle statistiche in valori assoluti, per via del fatto che è anche, e di gran lunga, la regione più popolosa.

Lo stesso può dirsi delle città: se dovessimo compilare al buio (cioè senza nessuna conoscenza degli argomenti considerati) la classifica delle città italiane per numero di sale cinematografiche o di semafori o di accordatori di pianoforte, o per quantità consumata di sostanze stupefacenti o per traffico di dati sulle reti mobili, metteremmo al primo posto Roma e al secondo Milano, perché la grandezza demografica è il primo fattore che influisce sull’ordine di grandezza di ciascuna delle variabili prese a mo’ di esempio, e Roma e Milano sono la prima e la seconda città per numero di abitanti.

Primo fattore, ma non ovviamente l’unico: la relazione non è mai perfettamente proporzionale e tanti altri fattori fanno, o possono fare, di ogni città un unicum.

Ecco perché scrivevo che la prima regola per confrontare dati relativi a insiemi di dimensioni diverse è quella di normalizzare i valori assoluti rapportandoli alla dimensione degli insiemi stessi; calcolare cioè dei valori pro-capite (per persona, o per cento, o per mille persone).

Fintanto che si rimane sui numeri assoluti, poiché Roma ha circa il doppio degli abitanti di Milano, se a Milano non c’è una propensione (cioè un valore pro-capite) più che doppio rispetto a quello a Roma, non è possibile che la sopravanzi in classifica.

Dunque la notizia sulle dieci città dove si legge di più secondo Amazon è una non notizia: un semplice elenco dove la passione per i libri viene oscurata dalla grandezza demografica. E infatti vi compaiono sette delle dieci prime città italiane per numero di abitanti.

Questo è l’elefante nella stanza che da solo annulla il senso della notizia. Ma ci sono altri elementi che la rendono ancora più inconsistente, e meritano di venire menzionati per dare il giusto senso alle parole.

Primo. Un libro venduto (acquistato) non è necessariamente un libro letto. Tante persone acquistano libri solo per metterli in bella mostra. Tante altre li acquistano col proposito di leggerli ma poi, per mancanza di tempo e di voglia, li lasciano intonsi. Io stesso sono tra questi; penso di avere letto, forse, solo la metà dei libri che possiedo. Tante persone, soprattutto in occasione di festività e ricorrenze, comprano un libro per regalarlo a qualcuno, senza azzeccare il regalo, che viene riposto e basta. Chi può dire che non gli sia mai successo almeno una volta?

Secondo. L’insieme dei libri venduti da Amazon non rappresenta l’insieme di tutti i libri venduti. Certo, si può assumere che dove le vendite di Amazon siano consistenti lo siano anche quelle delle altre librerie, fisiche e online, se si ammette che la propensione a leggere si manifesti in tutti i canali di vendita. Ma potrebbe anche non essere così: per esempio in qualche città potrebbero esserci delle librerie fisiche molto apprezzate dove si acquista in proporzione molto più che online. E sono eventualità come queste che determinano casi particolari di città che si discostano dalla media.

Terzo. Si può leggere un libro senza acquistarlo, o averlo avuto in regalo. Basta pensare al servizio di prestito delle biblioteche pubbliche. O, senza volere fare apologia di reato, a chi scarica illegalmente copie sprotette di edizioni digitali.

Riepilogando: se i dati per città fossero rapportati al numero degli abitanti; se la percentuale dei libri venduti che vengono letti fosse la stessa ovunque; se la percentuale di Amazon sul totale dei libri venduti fosse la stessa ovunque; se la percentuale dei libri letti senza un acquisto fosse la stessa ovunque; allora la statistica di Amazon avrebbe un senso.

Ma niente di tutto questo succede, perché la variabilità è insita in ogni fenomeno. Arriviamo così alla conlusione paradossale che la classifica di Amazon, perlomeno come la presentano i titoli dei giornali, lungi dal mettere in evidenza le città dove si legge di più, oscura proprio le specificità delle singole città, cioè proprio quello che si voleva mettere in risalto.

Gli articoli sulla classifica delle città dove Amazon ha venduto più libri sono solo pubblicità per Amazon. Ce n’era davvero bisogno?

A questo punto mi viene da suggerire alle altre catene di librerie di pubblicare le loro classifiche, in maniera un poco più intelligente e accattivante. I modi ci sono; basta usare i dati a disposizione in maniera intelligente. Penso per esempio alle statistiche che si possono produrre in base alle recensioni dei lettori: i libri più e meno amati, i libri più commentati, in rapporto alle copie vendute, e dove, in rapporto ai potenziali acquirenti. Le possibilità sono innumerevoli.

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