ricerca e trova: ma davvero?

mappamondo con asse polare

cortesia di chuttersnap

Leggendo la pubblicazione scientifica originale invece del riassuntino di Enrico Franceschini emerge che lo spostamento è appunto di settantotto centimetri e si riferisce all’effetto cumulativo avvenuto nel corso di quasi vent’anni, dal 1993 al 2010, e ascrivibile all’estrazione umana dell’acqua dal sottosuolo. Il comunicato stampa sottolinea che il polo di rotazione normalmente varia di diversi metri nel corso di un anno (“The rotational pole normally changes by several meters within about a year”). E quindi non c’è pericolo che l’estrazione dell’acqua possa far spostare le stagioni (“changes due to groundwater pumping don’t run the risk of shifting seasons”).

Il fatto che gli scienziati siano capaci di misurare variazioni così incredibilmente piccole (meno di un cinquantamilionesimo della circonferenza terrestre) dovrebbe essere già degno di notizia e ammirazione, e il fatto che noi umani estraiamo dal sottosuolo così tanta acqua da avere un effetto piccolissimo ma misurabile sulla rotazione dell’intero pianeta dovrebbe far riflettere. Ma se non si fanno titoli strillati e sensazionali, addio lettori.

dal blog di Paolo Attivissimo, 18 giugno 2023

Breve antefatto. La Repubblica pubblica un articolo dal solito titolo sensazionalistico sullo spostamento dell’asse terrestre causato dallo sfruttamento delle falde acquifere.
Il giornalista e cacciatore di bufale (spero di avere usato un’espressione corretta) Paolo Attivissimo lo smonta sul suo blog e dopo qualche giorno la Repubblica pubblica un nuovo articolo sulla notizia, che però ricalca in gran parte il primo.

Anche se l’argomento in sé è lontano dai miei interessi, trovo il caso interessante per fare qualche ulteriore considerazione.

Tutte le misurazioni quantitative, anche le più banali, sono soggette a errore.

Qualche volta l’errore atteso è così piccolo che non lo consideriamo neppure. Per esempio, nelle gare olimpiche di atletica e nuoto nessuno discute i tempi di gara, perché i cronometri impiegati hanno sicuramente un margine di errore inferiore al centesimo di secondo, unità di misura con cui vengono certificati i risultati.

In tutti gli altri casi, per ogni tipo di misurazione andrebbe specificato l’ordine di grandezza del suo errore ovvero del suo margine di incertezza (che si può stimare, nel modo più semplice, ripetendo più volte la stessa misurazione). Solo così è possibile interpretare correttamente la portata, il senso di un dato numerico.

Ho scritto andrebbe, usando il condizionale, perché purtroppo non sempre è così. Per esempio, in tutte le trasmissioni di attualità politica che mi è capitato di guardare, i sondaggi che mettono a confronto le intenzioni di voto del momento con quelle del mese o di qualche tempo precedente non riportano il margine degli errori delle percentuali attribuite a ciascuno partito. Forse anche perché così si scoprirebbe che tutte le variazioni di qualche frazione di punto percentuale, come +0.3%, -0.5%, sono fittizie, cioè dovute a errori di misurazione (in questo caso, di campionamento, cioè ascrivibili alle ridotte dimensioni del campione di persone che partecipano ai sondaggi) spacciati per reali differenze. Secondo un modo di dire amato dagli specialisti, rumore scambiato per segnale.

Lo stesso vale per il caso in esame. Nell’articolo scientifico citato da Attivissimo non ho trovato alcuna menzione del margine di errore associato ai risultati dichiarati.
Intanto, occorre distinguere due piani: 1) la misura dello spostamento del polo e 2) la stima della sua parte attribuibile allo sfruttamento delle falde acquifere.
Per il primo punto, Attivissimo, citando il comunicato stampa degli autori dello studio, riporta che siamo nell’ordine di qualche metro all’anno, ma quale precisione hanno queste misurazioni? Qualche metro, quale decimetro, centimetro, millimetro? Boh! Io non sono uno specialista, non lo so e la lettura dell’articolo scientifico non mi ha affatto illuminato: non viene indicato!
Per il secondo punto, ho scritto stima e non più misurazione per un motivo ben preciso: i numeri pubblicati non sono il risultato di una qualche rilevazione strumentale, bensì il prodotto dell’applicazione di un modello matematico che sulla base di alcune semplici ipotesi scorpora l’entità complessiva della deriva polare in fattori diversi. Ma anche del margine di errore delle stime prodotte dal modello non c’è traccia nella pubblicazione scientifica! (se non a livello grafico in una immagine che trovo di difficile interpretazione)

Per chiarire la questione riprendo l’esempio precedente sulle intenzioni di voto. Supponiamo che il tal partito abbia registrato una crescita di consenso di 1 punto percentuale nell’ultimo mese, nel corso del quale la stampa ha dato notizia di diversi eventi: il suo segretario ha ammesso di avere un consulente per le sopracciglia, un suo alto esponente coinvolto in uno scandalo di corruzione ha annunciato le dimissioni, un famoso calciatore ha ammesso di esserne un simpatizzante. Ora, comunque si intenda procedere, ma senza avere la possibilità di fare domande dirette agli intervistati, lo stimare quanta parte del guadagno in punti percentuali è attribuibile al primo, al secondo o al terzo evento diventa un’impresa di difficoltà diabolica, così come la verifica dei suoi risultati.

In conclusione. Concordo con Attivissimo sul punto principale: non c’è nessun pericolo circa lo spostamento dell’asse terrestre per colpa dello sfruttamento delle falde acquifere, essendo l’incidenza di questo (4 centimetri l’anno) poca cosa rispetto all’entità complessiva della deriva polare (diversi metri l’anno).
Dissento invece sulla sua ultima considerazione: no, gli scienziati non sono capaci di misurare variazioni così incredibilmente piccole, le azzardano solo. Mancando l’indicazione del margine di errore sia della grandezza principale, la deriva polare, che di quella secondaria che da essa dipende, la sua quota parte attribuibile all’estrazione delle acque del sottosuolo, per di più non misurata concretamente ma solo validata a tavolino, i 4 centimetri l’anno potrebbero anche essere 1, 2 o 8. Per lo stesso motivo mi lascia molto perplesso il fatto che l’articolo scientifico cui si riferisce la notizia ne riporti il valore al centesimo di centimetro (4.36 cm/yr), suggerendo un livello di precisione delle sue conclusioni a mio avviso implausibile. Molto rumore per nulla o quasi, e non solo da parte della stampa generalista.

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