Torno sull’argomento del mio ultimo articolo per fare alcune riflessioni che allora, per brevità, ho omesso.
Avevo spiegato che la relazione che lega il numero atteso di contagi a quello delle persone in un assembramento è all’incirca quadratica: a parità di condizioni, cioè di luogo, chiuso o aperto, e di rispetto o meno delle misure di protezione, raddoppiando il numero delle persone il numero atteso di contagi all’incirca quadruplica.
Con il termine atteso voglio dire che il numero di contagi va inteso come una media, che può assumere valori qualunque e non solo interi (analogamente a quando si dice che il numero di figli per donna è all’incirca 1,4), e, specialmente nel caso di gruppi di piccole dimensioni, anche valori molto al di sotto dell’unità. Per esempio, un numero medio di contagi pari a 0,01 (o 0,02) si può interpretare immaginando che cento riunioni dello stesso tipo producano complessivamente uno (o due) contagi.
La relazione quadratica tra contagi e dimensione di un gruppo di persone è conseguenza del fatto che ogni contatto tra due persone può tradursi in un contagio. Facciamo finta per semplicità che il contatto si traduca in una semplice stretta di mano: in un gruppo di 5 persone dove ciascuna da la mano alle altre 4, complessivamente le strette di mano sono 10 (la metà di 5×4=20 per non contare due volte quella tra Tizio e Caio o Caio e Tizio) mentre in un gruppo composto dal doppio delle persone, ovvero 10, dove ciascuna da la mano alle altre 9, le strette di mano diventano in totale 45 (la metà di 10×9=90). E 45 è poco più del quadruplo, ovvero il doppio del doppio, di 10. Questo stesso rapporto calcolato per le strette di mano vale pari pari anche per i contagi che ne possono derivare.
Ora, nel valutare il rischio insito nella socialità all’interno di un gruppo, similmente ad altre situazioni che ho già descritto, si possono considerare due differenti punti di vista: quello individuale e quello livello collettivo. …