(s)imbriglia


Con il canone base è possibile scambiare messaggi di testo ed emoji illimitati per dodici mesi con le App di messaggistica istantanea, purchè ne sia fatto un uso personale, responsabile e conforme. Si intende un uso conforme se non viene ripetutamente superato il limite del traffico medio giornaliero, dove il traffico medio giornaliero è la media del traffico scambiato da tutte le ChatSim attive con il solo canone base.

dalla pagina che descrive le tariffe di ChatSim

Affermare ma nello stesso tempo negare: è il paradosso, oramai diventato frequente, di quegli operatori di telefonia che che da un lato offrono altisonanti piani con traffico illimitato e dall’altro li subordinano alle condizioni di un variamente declinato uso personale.

Questa dizione, con cui intendono tutelarsi da quegli utenti che prendessero troppo alla lettera (ma c’è da fargliene una colpa?) la loro offerta, viene definita attraverso restrizioni più o meno criptiche che nella sostanza contraddicono il significato di illimitato, come: traffico giornaliero e/o mensile uscente sviluppato verso numerazioni dello stesso operatore non superiore a … in termini assoluti e/o a …% del traffico uscente complessivo; rapporto tra traffico giornaliero uscente complessivo e traffico giornaliero entrante complessivo non superiore a ….

Il caso di Chatsim in cui mi sono imbattuto qualche giorno fa, una sim rivolta a un pubblico giovanile che viaggia frequentemente all’estero, è diverso: in primo luogo, perché si tratta di un piano base e non illimitato, un piano quindi per il quale è normale siano imposte condizioni precise e stringenti; e in secondo luogo perché tali condizioni si riassumono in un unico vincolo chiaro ma decisamente… difficile da rispettare.

per un pugno di voti

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cortesia di Pawel Kuczynski

Uno studio pubblicato dal quotidiano Independent rivela che Jeremy Corbyn sarebbe potuto diventare primo ministro, se avesse ricevuto soltanto 2227 voti in più. Tanti sarebbero bastati a far vincere al Labour 7 deputati in più, e ai conservatori dunque 7 deputati in meno. In tal modo il partito laburista avrebbe avuto abbastanza seggi per formare un governo di coalizione. […]
Non conta quanti voti ha ricevuto un partito in assoluto […], bensì quante delle 650 gare individuali si vincono per conquistare deputati.

Enrico Franceschini sul blog My Tube de la Repubblica.it, 10 giugno 2017

Così come viene presentata, la notizia appare come un altro capzioso tentativo di interpretare un risultato elettorale secondo le proprie partigiane convenienze.

Pochi mesi fa infatti lo stesso giornalista faceva notare che Trump ha vinto le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti nonostante la sua sfidante Hillary Clinton l’avesse sopravanzato nei voti popolari. Oggi invece disconosce i 760mila voti di scarto a favore dei conservatori sui laburisti evidenziando che il numero dei seggi assegnati a ciascun partito nella presente tornata elettorale del Regno Unito non dipende proporzionalmente dal numero delle circoscrizioni elettorali in cui il proprio partito è stato quello più votato.

L’osservazione è corretta, anzi ineccepibile, ma omette di precisare che i 2227 elettori in più necessari per alterare l’esito delle elezioni, determinando una diversa (e solo presunta) maggioranza, non sono elettori qualunque, ma elettori da aggiungere strategicamente in quelle circoscrizioni (le gare individuali) dove lo scarto dei voti a favore dei conservatori è stato più risicato.

attenti al divario

Il rapporto dell’organizzazione [Oxfam:] Continua a crescere la disuguaglianze economica, salariale e di accesso al mercato del lavoro tra uomini e donne e il distacco è così ampio che per invertire l’attuale trend servirebbero ancora 170 anni, 52 in più rispetto a un anno [fa].

da la Repubblica, 8 marzo 2017
Come tante altre volte occorre fare un po’ di chiarezza sul titolo. Il divario tra le condizioni salariali di uomini e donne non si misura in anni, all’origine. Sarebbe come dire che le donne vivono in media 2000 litri d’acqua consumati in più degli uomini, o che la loro sottorappresentazione nei livelli politici apicali rispetto agli uomini vale 10mila chilometri annuali in meno per visite di stato.

Ma i fraintendimenti non finiscono qui. Innanzitutto non si capisce come sia possibile invertire l’attuale trend se la disuguaglianza continua a crescere. In secondo luogo, il fatto che da un anno al successivo una stima numerica subisca una variazione di quasi la metà del suo valore (perché 170-52=118 e 52/118 ~ 44%) fa sorgere qualche perplessità sulla sua attendibilità e più in generale sul suo impiego.

Fortunatamente la lettura dell’introduzione del documento “Un’economia che funziona per le donne” consultabile sul sito dell’organizzazione Oxfam chiarisce ogni dubbio.

addirittura dell’umanità

Non stupisce […] che la vittoria di misura del Leave – decretata da 638 mila persone, lo 0,008 per cento dell’umanità – vittoria che ha messo in moto spostamenti di migliaia di miliardi, con conseguenze sulle vite di miliardi di persone in tutto il pianeta – sia stata determinata dai cittadini inglesi meno istruiti (il 66% di coloro che hanno interrotto gli studi a 16 anni).

Giorgio Gori sull’esito del referendum Brexit, 26 giugno 2016

Così scrive Gori dopo la provocazione del suo tweet Elettori disinformati producono disastri epocali, sostenendo di voler proporre qualche ulteriore spunto di riflessione.

Ho già spiegato perché non ritengo corretto leggere il risultato del referendum britannico in bianco e nero, come se l’elettorato si dividesse in cittadini ignoranti che votano per una causa sbagliata e cittadini colti che votano per la causa giusta. Dunque mi limiterò a fare qualche considerazione sui numeri che cita.

brutti vecchi e cattivi

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Questa tabella, di cui non sono stato in grado di risalire all’originale, è stata forse la più pubblicata sui social media tra i commenti a caldo sull’esito del referendum per la permanenza o l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Parto subito con un paio constatazioni. Il paese sulla questione dell’appartenenza alla UE è spaccato a metà: poco più del 50% dei votanti da una parte, poco meno del 50% dall’altra. Secondo i principali sondaggi, i giovani si sarebbero schierati in maggioranza per la permanenza nella UE, gli anziani per l’uscita.

Detto questo, è mia personale convinzione che leggere il risultato del voto esclusivamente nei termini della componente demografica è scorretto, e delegittimarlo in virtù di questa lettura (dipingendo gli anziani come un corpo compatto di zotici egoisti e i giovani un corpo compatto di povere vittime cui viene rubato il futuro) è disonesto e odioso.

Come mostrano diverse analisi, ci sono altri fattori che risultano correlati all’esito del voto: il tasso differenziale di astensione rispetto all’età, il livello di istruzione, il livello di reddito, il grado di urbanizzazione, la nazionalità. Ma c’è chi se ne serve per tratteggiare un quadro a tinte ancora più fosche: a favore del brexit avrebbero votato anziani, campagnoli, incolti e con un basso livello di reddito. Una semplificazione che dimentica, o fa finta di dimenticare, che l’astensione è stata più alta proprio laddove l’elettorato era mediamente più giovane e che pure smentisce chi contrappone giovani sofferenti ad anziani benestanti.

parenti e regolamenti serpenti

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cortesia di Irish Defence Forces

Secondo le nuove regole ogni Paese potrà accogliere al massimo il 150% della sua capacità, stabilita in base a Pil, abitanti e altre variabili. Gli altri verranno distribuiti. Chi si rifiuta dovrà sborsare 250mila euro a profugo, ma la “multa” potrebbe cambiare.

il Giornale, 30 aprile 2016
La notizia sulla riforma al “regolamento di Dublino” in materia di “accoglienza dei migranti” mi ha ricordato una scena del film Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo che ho visto oramai tantissimi anni fa.

Un ex galeotto alla guida della sua auto a folle velocità esce di strada e precipita in un burrone. Soccorso da alcuni automobilisti di passaggio, prima di morire confida loro il luogo dove è sepolto l’ingente bottino in dollari frutto di un suo vecchio colpo.
Gli stessi automobilisti, dopo avere taciuto di ciò alla polizia che aveva raggiunto il luogo dell’incidente, si danno appuntamento insieme ai loro passeggeri poco distante per concordare la spartizione del bottino.

dettagli di una (in)formazione poco (con)vincente

Fernando Santos, il ct degli ellenici, […] decide […], con il supporto della federazione, di rivolgersi a Nikolaos Demopoulos, famoso esperto di statistica, a cui chiede di affiancarlo per migliorare la gestione della squadra e magari anche le prestazioni […]
Karagounis borbotta un po’: Demopoulos l’ha obbligato a mettere la fascia di capitano sul braccio sinistro, perché secondo alcune statistiche il 72% delle squadre che vincono hanno il capitano che porta la fascia da quella parte.

Mi ha molto divertito l’articolo di Gianvittorio Randaccio tratto dal blog Quasirete della Gazzetta, per la rubrica I mondiali degli altri, anche se confesso che all’inizio non capivo se si trattasse di un commento beffardo a fatti veri o di una spiritosa invenzione. Poi l’assenza di qualunque notizia su web circa il fantomatico statistico al seguito della nazionale ellenica, e la lettura di un altro articolo della stessa rubrica, al limite dell’incredibile, mi hanno fatto propendere per la seconda alternativa. :)

Eppure, il pezzo è godibile proprio perché mentre lascia implicitamente intendere il carattere al limite dell’idiozia o dell’assurdità di certe (pseudo)strategie che descrive, racconta in maniera verosimile di come esse vengano convintamente applicate e perseguite.

la scienza è un’opinione

Punto informatico pubblica la notizia sulla chiusura della sezione dei commenti agli articoli del sito Popular Science. I suoi responsabili avrebbero preso atto dei risultati di uno studio in base al quale le opinioni portate avanti in maniera più aggressiva influenzerebbero gli altri lettori, indipendentemente dai contenuti degli articoli.

Il meccanismo è implacabile: le opinioni dei lettori diventano opinione pubblica, la quale a sua volta indirizza la sfera di interesse della ricerca scientifica.

Non discuto la scelta in se, che è del tutto legittima anche se personalmente non la condivido (combattere i troll impedendo a tutti di esprimersi è un po’ come buttare via il bambino con l’acqua calda). Trovo curioso però il fatto che una divulgazione scientifica fatta in modo serio non possa tollerare le opinioni dei lettori perché uno studio scientifico dimostrerebbe che essi non sarebbero più in grado di distinguere i fatti scientifici stessi dalle opinioni.