quando un titolo fa la differenza

escher-hands-300.jpg

tratto da Mani che disegnano, M.C. Escher

Il segreto per vivere più a lungo? Prendere una laurea.

la Repubblica, 27 aprile 2016

Quanti hanno lasciato gli studi universitari, qualunque fosse il motivo, giusto o sbagliato, è bene che ci ripensino e corrano a ri-iscriversi nell’ateneo di fiducia. A maggior ragione devono farlo speditamente coloro che hanno alzato le spalle, stufi o sfiducia, in dirittura di arrivo. […] L’importante è riprendere da dove si è lasciato il corso di studi. Per quale ragione? La risposta ce l’ha appena data l’Istat, la statistica, che pure è un calcolo delle probabilità, non lascia dubbi: quanti hanno conseguito il diploma di laurea vivono cinque anni e due mesi in più rispetto agli altri se sono di sesso maschile, due anni e sette mesi in più se sono di sesso femminile.

SiciliaInformazioni, 28 aprile 2016

Nessuno si sognerebbe di dire seriamente che le cicogne portano i bambini.

Eppure, come ricorda l’ultima edizione cartacea di Focus, fino a cent’anni fa era normale vedere una cicogna sui tetti delle case dove era appena nato un bambino. Succedeva infatti che d’inverno le cicogne nidificavano accanto ai camini che stavano accesi a lungo per far stare al caldo i neonati.

Ancora, il mio relatore di tesi amava ricordare che durante gli anni sessanta nella regione di Strasburgo, dove lavorava in un centro di ricerca della Comunità Europea, alla progressiva riduzione del numero delle cicogne corrispondeva un contestuale calo della natalità. Entrambi i fenomeni erano dovuti al processo di industrializzazione della zona, che da un lato con la costruzione di fabbriche e il conseguente ampliarsi dei centri urbani privava le cicogne di una parte crescente del loro habitat naturale, e dall’altro, favorendo l’inserimento delle donne nel mondo lavorativo, contribuiva al diffondersi di scelte famigliari meno prolifiche.

In entrambi i casi non c’è un nesso causale diretto che spiega i bambini nati con la presenza delle cicogne. Nella prima situazione la relazione è mediata e rovesciata: la nascita di un bambino determina le condizioni (la casa da riscaldare accendendo il camino) propizie al nidificare della cicogna. Nella seconda situazione la relazione è mediata e indiretta, perché entrambi i fenomeni (la diminuzione del numero di cicogne e la riduzione dei tassi di natalità) sono determinati da un terzo (lo sviluppo industriale).

Questo secondo caso è un esempio della cosiddetta correlazione spuria: le variazioni o differenze concomitanti di due fenomeni in apparenza sembrano spiegare il primo come causa del secondo, o viceversa, ma in realtà sono l’effetto di un terzo fenomeno che incide su entrambi i primi due.

I dati pubblicati dall’Istat e ripresi dai maggiori organi di stampa ne rappresentano un altro esempio: chi ha studiato di più vive più a lungo (i laureati cinque anni in più della media se uomini e due anni e mezzo se donne), ma non è il titolo di studio il fattore principale che spiega l’aspettativa di vita, bensì il contesto familiare, e il reddito in primo luogo, che determina in larga misura sia il titolo di studio che l’aspetattiva di vita.

Sarebbe ingenuo pensare che basti prendere una laurea (o trasferirsi in una città o regione dove si registra maggiore longevità) per allungare la propria speranza di vita. Eppure sono diversi i titoli e gli incipit di articoli, come quelli citati e non solo, che lo fanno credere.

Anche se, all’interno degli stessi articoli, l’argomento viene chiarito come si deve.

Scrive la Repubblica:

Si presume che chi si laurea provenga da un contesto familiare più elevato e quindi abbia più strumenti per tutelarsi, prendersi cura della propria salute e soprattutto adottare uno stile di vita sano.

e Sicilia Informazioni:

Gli esperti hanno risolto facilmente l’enigma: coloro che hanno conseguito la laurea hanno vissuto in un contesto familiare più favorevole. Sono rari i casi di giovani squattrinati, appartenenti a famiglie povere in canna, che riescono a raggiungere l’agognato traguardo. E chi non ha la pecunia per studiare, non ne ha per nutrirsi decentemente, comunque non può permettersi una qualità della vita di buon livello. La povertà non permette di disporre di tante cose, anche di cure adeguate.

Mi domando quale sia l’effetto di questi articoli sui lettori. Chi si ferma al titolo o al primo paragrafo, recepisce un messaggio completamente sbagliato. Chi arriva a leggere fino in fondo, o si rende conto che il contenuto dell’articolo contraddice l’affermazione iniziale, o è portato a credere che si tratti di due interpretazioni compatibili. Insomma, un gran pasticcio.

Non conosco bene il mondo dell’editoria e del giornalismo per riuscire a spiegarmi una simile discrasia. Forse si tratta di articoli scritti a quattro mani. Forse l’articolista deve fare i conti con il redattore che impone un titolo o un attacco di sicuro effetto per attirare il maggior numero possibile di lettori. Ma così facendo confonde le carte, e complica una corretta lettura e la comprensione delle notizie. Insomma, un gran pasticcio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.