per un pugno di vegani

cortesia di Jannis Brandt

Il rapporto Eurispes correla questa abitudine alimentare anche con l’orientamento politico, ed emerge una sorpresa. Parafrasando Gaber: “Il vegano per scelta è più di destra, vegetariano forse di sinistra”. L’8,1% di chi si colloca a destra o nel centro destra è vegano, contro lo 0,9% di chi si colloca a sinistra o nell’estrema sinistra. È inoltre vegano il 2,8% di chi ha votato Movimento 5 stelle. A sinistra sono tuttavia vegetariane 14 persone su 100, il doppio di chi si dichiara di centro destra. È vegetariano il 5,5% degli elettori del Movimento.

da infodata.ilsole24ore.com dell’8 ottobre 2019

Solo qualche giorno fa m’è capitato di leggere l’articolo pubblicato nella sezione infodata del sole 24 ore lo scorso mese, sulla relazione tra veg(etari)anesimo e orientamento politico. L’analisi riprende pari pari i risultati della ricerca Eurispes Rapporto Italia 2019 pubblicata a febbraio di quest’anno. La relazione tra dieta alimentare e orientamento politico può apparire sorprendente, per cui ho provato a indagarla. Finendo, lo anticipo, per smontarla.

Innanzitutto l’autrice dell’articolo confonde medie e somme. Se al 60% degli uomini piace la pizza, e al 60% delle donne piace la pizza, si può affermare che complessivamente al 60% delle persone piace la pizza. Non certo al 60%+60%=120%. Eppure l’autrice confronta lo 0,9% di chi sta da una parte (media pesata tra l’1% di sinistra e lo 0.8% del centro-sinistra) con l’8,1% di chi sta dall’altra (somma – sì, stavolta somma – del 2,2% di destra e del 5,9% del centro-destra). Ancora, il 14% di vegetariani di una parte politica è ottenuto (sigh) sommando i due valori percentuali per sinistra e centro-sinistra. E non sono comunque il doppio di quelli dell’altra parte. Insomma, tanta confusione e un errore dietro l’altro.

Poi il seguente grafico, tratto dall’articolo, risulta inaspettatamente rivelatorio.

In ciascuna barra orizzontale, tutti i valori percentuali risultano pressoché o addirittura esattamente uguali ai primi multipli (cioè il doppio, o il triplo, o il quadruplo, o il quintuplo) del valore percentuale più piccolo. Questo fatto non è una curiosa coincidenza: è un indizio che i numeri sottostanti sono proprio piccoli. Per esempio, per il centro destra il conteggio più probabile di quanti hanno fornito ciascuna delle cinque risposte indicate è: 1, 4, 1, 3 e 1.
Infatti, sommando i numeri calcolati per tutte le barre si arriva a 83, che rapportati ai 1132 intervistati della ricerca Eurispes, rappresentano il 7,3% del totale, proprio la percentuale indicata nell’articolo e nella ricerca stessa.

Ora, anche senza addentrarsi in dettagli tecnici, dovrebbe diventare chiaro che la rappresentatività di questi dati, cioè la loro capacità di descrivere in maniera attendibile le ragioni dell’intera popolazione italiana di vegani/vegetariani di diverso orientamento politico è praticamente nulla.

In statistica c’è una detto che recita: un campione di cento unità non basta per quasi niente, un campione di mille unità basta per quasi tutto.

In effetti i mille e passa intervistati del Rapporto Eurispes assicurano che le cosiddette forchette, cioè lo scarto tra la percentuale effettiva tra tutti gli italiani e quella osservata nel campione degli intervistati, non superi normalmente (il professionista mi voglia perdonare il termine imperfetto) il 3%.
Quando però si restringe l’analisi a un sottogruppo dei mille intervistati, le forchette si dilatano. In particolare, ogni percentuale calcolata nell’insieme dei poco più di 80 intervistati che si dichiarano vegani/vegetariani, è soggetta a un errore dell’±11%.

Se poi si scende ancora di livello, ricavando delle percentuali per ciascuno dei sotto-sottogruppi che formano un sottogruppo, come succede per la tabella delle motivazioni degli intervistati vegani/vegetariani suddivisi per orientamento politico (che per ogni raggruppamento raggiungono al massimo le due decine), le cose peggiorano di brutto e gli errori rendono qualunque percentuale totalmente azzardata.

Analogamente, la precisione delle percentuali di vegani e vegetariani all’interno dei sottogruppi formati da intervistati dello stesso orientamento politico dipendono dalle numerosità di questi ultimi raggruppamenti, che vanno da poco più di una decina (per l’orientamento di centro) alle poco più di tre centinaia (per l’insieme di coloro che non si sentono rappresentati). Le corrispondenti forchette variano tra un ±% e un ±20%.

E così, le differenze tra le percentuali di vegani/vegetariani osservate tra destra, sinistra, centro e affini sono spiegabili semplicemente con l’errore campionario derivante dal modesto numero di intervistati in ciascun gruppo, e quindi da considerasi rumore privo di significato.

Cioé, è stata costruita una narrazione sul nulla, accreditato come verità di fatto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.