demografia snumerata

Come in ogni materia, anche in demografia è comprensibile che qualche volta i numeri ingannino la persona inesperta. Per esempio, nella  recensione scritta per il lancio del (fantastico) motore Wolfram Alpha, la redattrice di LifeHacker Gina Trapani si meraviglia che sua nonna abbia un’aspettativa di vita migliore della sua, per poi imparare subito dopo dai commenti dei lettori che l’essere arrivata a una veneranda età non può che averla favorita: infatti, è cosa certa (e banale) che una settantenne, a prescindere dal numero di anni di vita che teoricamente le rimangono, vivrà almeno settan’anni, mentre non è altrettanto certo che lo stesso succeda a una qualunque una ragazza, anzi, è tanto meno certo quanto più la ragazza è giovane.

L’articolo Il paese delle culle piene, pubblicato su La Repubblica qualche giorno fa, è un altro esempio di ingenuità di cui vorrei commentare un passo in particolare.

C’è un pezzo d’Italia dove i bambini continuano a nascere. Dove le culle sono piene e non vuote. Dove il tasso di demografia supera la media europea, e dove “essere famiglia” più che un evento straordinario sembra essere diventato la normalità.

Siamo a Bolzano, Alto Adige, provincia autonoma e porta delle Dolomiti, risalendo il paese secondo le statistiche dell’Istat, in una regione in cui la crescita zero appare lontana, e il numero medio di figli per donna, 1,61, distanzia e non di poco la media nazionale ferma a 1,42, e quella della Ue, dove il tasso di fecondità è di 1,52 bimbi per ogni mamma.

Va detto, anche se non è l’appunto più rilevante, che tasso di demografia è un’espressione imprecisa o almeno troppo vaga, così come lo sarebbero, mettiamo, indice di economia o tasso di agricoltura: in demografia, come in tutte le altre discipline, esistono tanti tassi diversi ciascuno dei quali ha un suo proprio significato. Non è poi granché sensazionale il fatto che la il numero medio di figli per donna della provincia di Bolzano sia superiore a quello dell’Unione Europea: come il nome stesso suggerisce, la media (anche se non letteralmente) è un valore intermedio, nel senso che è naturale (di più: è inevitabile) osservare tanto valori più grandi quanto valori più piccoli di essa, e i casi in cui i valori più grandi sono più numerosi dei valori più piccoli non sono certo infrequenti. Diversa cosa sarebbe stato constatare che il valore di Bolzano supera il valore più grande registrato in Europa. Come scrive John Allen Paulos in Gli snumerati, …il valore medio di una lunga serie di misurazioni è all’incirca uguale al valore medio di una serie limitata di misurazioni, mentre il valore estremo di una lunga serie di misurazioni lo è considerevolmente di più rispetto a quello di una serie limitata di osservazioni. Per esempio, il livello medio delle acque di un fiume nell’arco di 25 anni sarà prossimo a quello rilevato nell’arco di 1 anno, ma il livello della peggiore piena occorsa in 25 anni tenderà a essere di gran lunga maggiore di quello della peggiore piena dell’anno.

Nel concreto, è vero che la provincia di Bolzano si trova ai primi posti in Italia per numero medio di figli per donna, come si ricava dalle ultime statistiche Istat, superata  solo dalle provincie di Bergamo, Brescia e Reggio Emilia.

Tuttavia, è eccessivo e fuorviante parlare di culle piene, e vediamo di spiegare il perché. Se in una ipotetica popolazione perfetta, composta solo da coppie formate da un uomo e una donna capaci di procreare, ciascuna coppia avesse due figli, un maschio e una femmina, il numero di individui nella popolazione non cambierebbe passando da una generazione alla successiva. In termini più realistici, tenuto conto che gli uomini non partoriscono, che le donne hanno comportamenti riproduttivi differenti e che nei nati si registrano maschi e femmine all’incirca in egual misura, si può sostenere che affinché una popolazione mantenga inalterata la sua consistenza numerica il numero medio di figli per donna deve essere pari a due. Anzi, un poco più alto di due, perché occorre considerare la mortalità che colpisce gli individui prima che raggiungano l’età riproduttiva. Il valore 2,1 viene pertanto considerato il livello minimo di mantenimento di una popolazione: un numero medio di figli per donna più alto tende a far crescere la dimensione della popolazione, un numero medio di figli per donna più basso tende a contrarla. Visti i numeri citati nell’articolo, tutti abbondantemente sotto il livello minimo di mantenimento, si può solo constatare che la situazione della fecondità in Europa è drammatica, lo è ancor di più in Italia mentre a Bolzano le cose stanno solo leggermente meglio. Secondo Wolfram Alpha, attualmente l’Italia è al 209esimo posto su 229 stati nella classifica per livello di fecondità con 1.31 figli per donna (dato che mi pare si accordi con quello Istat se si escludono le nascite degli stranieri). In ogni caso, parlare di culle piene è decisamente fuori luogo: anche a Bolzano, che pure registra uno tra i dati migliori in Italia, le culle sono quasi vuote e la popolazione, in assenza di un ulteriore innalzamento dei tassi di fecondità nei prossimi anni, è inesorabilmente destinata a calare in misura sensibile. La sola consolazione (se di consolazione si può parlare) a questo cupo scenario è che il declino demografico della provincia sarà meno veloce rispetto alla media italiana.

3 pensieri su “demografia snumerata

  1. non condivido l’affermazione
    “la popolazione, in assenza di un ulteriore innalzamento dei tassi di fecondità nei prossimi anni, è inesorabilmente destinata a calare in misura sensibile”

    Nonj potrebbe essere che nel breve periodo l’incremento della peranza di vita, l’anticipo dell’età di riproduzione inverta (nel breve periodo) questa tendenza?
    Insomma se oggi mediamente di muore (azzardo) a 80 anni e si partorisce a 40 e fra dieci anni si muore a 82 e si partorisce a 30, anche con un tasso di 1,4 la popolazione non potrebbe comunque aumentare?

  2. Sì, certamente, ma si tratterebbe di un’inversione di tendenza temporanea, un fuoco di paglia.
    Gli anziani possono vivere più a lungo ma non contribuiscono più a generare nuovi individui. Le donne possono partorire a 30 anni invece che a 40 ma l’unica cosa che conta per la dimensione della popolazione una generazione avanti è il numero di figli generati, non il calendario delle nascite.
    Immaginiamo un lavoratore che ogni mese guadagna 1400 euro ma ne spende 2000, e così chiede al principale di pagarlo all’inizio del mese invece che alla fine, e decide inoltre di andare al cinema alla domenica invece che al venerdì spostando in avanti di due giorni l’esborso del prezzo del biglietto. Questo lo può aiutare per uno, due mesi. Ma se non cambia il suo stile di vita, come fa a invertire la situazione?

  3. Pingback: brutti vecchi e cattivi | sei-uno-zero-nove

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