un anno di esponenziale: una questione lineare

esponenziale: puntata tre

Articoli precedenti della serie:

  1. prologo
  2. non c’è senza tre
  3. erre-con-ti

Di solito quando concepiamo o leggiamo una sequenza di numeri cerchiamo una regola che ci permetta di ricavare tutti i suoi termini, uno dopo l’altro.
Due tra le regole più semplici che si possono immaginare sono quelle che generano le progressioni aritmetiche (o lineari) e le progressioni geometriche (o esponenziali). Nelle prime, si passa da un termine al successivo sommando uno stesso valore costante; nelle seconde, si passa da un termine al successivo moltiplicandolo per uno stesso valore costante.
Per esempio: 1, 2, 3, 4, 5, 6 è una sequenza lineare che parte da 1 e a ogni passo aggiunge 1; 2, 5, 8, 11, 14, 17 è un’altra sequenza lineare che parte da 2 e a ogni passo aggiunge 3; mentre 1, 2, 4, 8, 16, 32 è la famosa sequenza esponenziale già più volte menzionata che parte da 1 e procede per raddoppi successivi, cioè aumentando ogni volta l’ultimo valore del 100%.

Anche nella realtà la misurazione di qualunque fenomeno a intervalli uguali nel tempo o nello spazio produce delle sequenze di numeri. Senza tuttavia avere la perfezione delle leggi delle sequenze che vivono nel mondo astratto dei modelli matematici. E tuttavia diventa naturale cercarvi comunque una qualche regolarità anche approssimativa, cominciando col verificare se i valori osservati seguono, pur con un certo margine di imprecisione, lo schema di una progressione lineare o esponenziale. Perché così diventa più facile interpretare e riassumere la sequenza di numeri osservati; basta citare la regola approssimativa che la descrive, dicendo: a ogni nuova osservazione si cresce/decresce all’incirca di tot, o di tot percento.

esercizi di stile presidenziale

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E’ cosa nota a tutti che in questa legislatura si registra la schiera più folta di deputate, circa trenta in percentuale, così come si riscontra una significativa presenza di donne che rivestono cariche e figure istituzionali prima ricoperte in via quasi esclusiva da persone virili. Anche da tale considerazione deriva in maniera più evidente rispetto all’epoca passata la necessità di adeguare la comunicazione parlamentare alla carica istituzionale, sociale e professionale assunta dalle donne e alla piena osservanza delle identità gonadiche, a garanzia dell’assioma di non discriminazione e a tutela della dignità della persona, in conformità alle norme previste dalle proposizioni numerate 2 e 3 della Costituzione.

Al di là delle diverse sensibilità individuali e politiche, credo sia importante da parte della presidenza della Camera richiamare l’attenzione sulle modalità di esecuzione delle discussioni parlamentari, in Aula e presso le altre istituzioni parlamentari.

In questa direzione, e tenute in considerazione anche analoghe iniziative assunte in altre nazioni, desidero segnalare l’opportunità che nelle allocuzioni svolte durante le sedute dell’Assemblea e delle altre istituzioni della Camera le cariche e le figure istituzionali siano richiamate nelle forme corrette, ossia secondo l’identità gonadica propria della persona cui esse si riferiscono.

Come è noto, nell’attuale corso parlamentare si registra il numero più elevato di deputati di sesso femminile, circa il 30%, così come si riscontra un significativo numero di diversamente uomini che rivestono incarichi e ruoli istituzionali prima ricoperti in via quasi esclusiva da uomini. Anche da ciò deriva in modo più evidente rispetto al passato il bisogno di adeguare il linguaggio parlamentare al ruolo istituzionale, sociale e professionale assunto dai diversamente uomini e al pieno rispetto del riconoscimento di genere, per garantire il principio di pari trattamento e tutelare l’onore dell’individuo, in accordo con quanto previsto dagli articoli 2 e 3 del Testo Costituzionale.

Al di là dei diversi orientamenti individuali e politici, credo sia importante per l’ufficio presidenziale del ramo del Parlamento che non è il Senato ridestare l’interesse sui modi di svolgimento dei dibattiti parlamentari, nell’Emiciclo e presso gli altri organi parlamentari.

In questo senso, e tenuto conto anche di analoghi progetti assunti in altri paesi, desidero segnalare il vantaggio che negli interventi svolti nel corso dei dibattiti assembleari e degli altri organi del succitato ramo del Parlamento gli incarichi e i ruoli istituzionali siano richiamati nei modi corretti, cioè secondo il genere proprio dell’individuo cui essi si riferiscono.

Sulla parità di genere avevo già scritto qualcosa. E no, non trovo le due versioni qui sopra più grottesche dell’originale.

il sacco-mannaro di Roma

A proposito delle prossime privatizzazioni del governo Letta-Saccomanni:

  • il giudizio sintetico di Giulio Sapelli su ilSussidiario.net:

    Cercare di fare passare l’idea che le privatizzazioni attuate dal governo Letta siano sufficienti per ridurre il debito pubblico è soltanto una presa in giro. L’Italia ha un debito pubblico da 2mila miliardi, e 12 miliardi non sono certo sufficienti a cambiare le cose.

  • e quello di Mario Seminerio su phastidio.net:

    Eni, ai prezzi attuali, ha un dividend yield del 6%. Il che vuol dire che, se confermato, il Tesoro non incasserà più dividendi per una somma che possiamo stimare sui 120 milioni di euro annui. Se quei due miliardi andranno ad abbattere il debito pubblico, però, avremo minori interessi passivi da pagare. Sapendo che il costo medio del debito pubblico italiano è di circa il 4,5%, ciò significa che risparmieremo 90 milioni annui. L’operazione pare concludersi con un saldo annuo negativo (cioè deficit) per 30 milioni di euro, ma sicuramente ci sfugge qualcosa.

Questi gli asettici numeri, che già da soli dicono tutto come meritoriamente evidenziato nelle due citazioni. Ma la realtà è ancora più tragica. Qui non si tratta di (s)vendere malamente i “gioielli di famiglia” come qualcuno a sproposito li chiama, ma di (s)vendere sciaguratamente quelli che per un artigiano sarebbero gli indispensabili attrezzi di lavoro. Ci si disfa delle aziende italiane più in vista nei settori più avanzati e strategici, quelle che fino a oggi avevano fatto contare l’Italia sul piano internazionale dal punto di vista industriale ed energetico. Così si rinuncia a partecipare attivamente alle sfide economiche e geopolitiche del futuro, subendo l’aggressività degli altri attori e condannando il paese, mentre si ciancia di crescita, a un mesto e inevitabile declino.

non solo ignoranza

cortesia di Chris Potter

Da The Telegraph del 28 giugno 2013:

Taro Aso [Japan’s finance minister and former prime minister] said that bankers in Japan had not been able to understand the complex financial instruments that were the undoing of major global players in the 2008 crisis, so had not bought them.
“Managers of Japanese banks hardly understood English, that’s why they didn’t buy,” he said.

Da Bloomberg del 5 luglio 2013:

The official in the Italian region of Piedmont who signed interest-rate swaps with Dexia Crediop SpA and Intesa Sanpaolo SpA (ISP) didn’t speak English well enough to understand the contracts, according to the region’s documents at a London court hearing.

Piedmont, which says it was wined and dined by the banks, signed swaps to cover its interest-rate exposure on a 1.8 billion euro ($2.3 billion) bond issue in 2006, and hasn’t made payments since January 2012, the two Italian banks said in court documents. Dexia and Intesa asked a U.K. court to order immediate repayment of about 36 million euros without the need for a trial.

The province argued the swap isn’t valid under Italian law and contained hidden profits for the banks. Its head of finance in 2006 “spoke very limited English such that he could not possibly have been expected to read and understand the complex agreements which he was executing,” it said in documents.

Sono anche notizie come questa (e ciò che ci sta dietro) che raccontano il disastro in cui è precipitato il nostro paese.

e poi dicono le vite degli altri

Due citazioni a proposito dello scandalo delle intercettazioni su larga scala da parte della NSA:

I think it’s important to recognize you can’t have 100 percent security and also 100 percent privacy, and also zero inconvenience. We’re going to have to make some choices as a society.

Barack Obama

Vorrei commentarle nei termini descritti nel mio decidere non è mai facile. La prima citazione è la rivendicazione politica del diritto di decidere. Rivendicazione legittima in teoria perché nell’impossibilità di eliminare contemporaneamente i falsi positivi (persone intercettate senza avere fatto nulla di male) e falsi negativi (persone non intercettate pur avendo mala intenzioni) occorre comunque graduare una scelta. Rivendicazione ipocrita in pratica perché i fatti emersi mostrano che il governo americano ha deciso per il caso estremo di intercettare tutto e tutti per annullare il rischio di falsi negativi ma massimizzando nel contempo il numero di falsi positivi. Ecco allora che la seconda citazione appare arguta pur nella sua semplicità: dato che si è scelto di sbagliare sempre in modo da avere solo falsi positivi, com’è possibile che sia sfuggito un falso negativo, e in modo anche così eclatante?

A proposito, l’altro giorno ho rivisto il fim capolavoro La battaglia di Algeri, di cui cito un’ultima frase: Controllare i documenti è ridicolo, se c’è uno che li ha in regola è proprio il terrorista.

spaccare il centesimo

Un lettore mi segnala un altro caso di misurazioni con un grado di precisione assurdo. Si tratta delle previsioni meteo pubblicate sul televideo Rai regionale, dove le temperature sono esposte al centesimo di grado centigrado. Oltre che del tutto inutile, la cosa appare illogica dato che non ho mai visto riportare le temperature osservate con questo livello di precisione: sul sito dell’Arpa si arriva al più ai decimi di grado, mentre i principali servizi di informazione meteorologica si fermano agli interi.

Chissà almeno se le seconde cifre decimali possono essere utizzate per costruire un generatore di numeri casuali…