uomo avvisato davvero mezzo salvato?

cortesia di
Luke Chesser

Ore 8 del mattino, 14 ottobre scorso: al risveglio, un giovane che [a] Roma, riceve una notifica dal [suo smartwatch], indossato anche durante la notte per tracciare la qualità del sonno. Ha una possibile fibrillazione atriale.

Un momento di concitazione, alcuni elettrocardiogrammi effettuati sempre tramite l’orologio che confermano l’allerta, lo scaricamento e la condivisione dei tracciati e dei dati in pdf col medico di base. Poi dritto al pronto soccorso, dove l’elettrocardiogramma professionale conferma qualche problema all’attività elettrica del cuore.

Tutto nel giro di due ore. Così, pochi giorni fa, il [giovane] si è salvato la vita, evitando possibili conseguenze e impostando una terapia adeguata. Grazie al gadget che porta sempre al polso […].

da repubblica.it del 24 ottobre 2021

Quante volte la notizia di una vincita milionaria al gratta e vinci o a qualche lotteria famosa diventa (consapevolmente o inconsapevolmente) un invito a spendere per un gioco d’azzardo che proprio non conviene?

Una domanda simile mi è passata per la testa quando ho letto del giovane salvato dal suo smartwatch.

Una bella storia da raccontare: la notifica giusta al momento giusto. Forse un po’ troppo bella, o meglio, abbellita: la notifica al momento giusto, ma senza che ci fosse un imminente pericolo di vita; e la lettera al patron di Apple, mi si perdoni il termine, un po’ ruffiana. In ogni caso, una storia da raccontare, ma senza pensare che sia un esempio da seguire. Ovvero, come sono solito dire: descrizione, ma non prescrizione.

L’articolo infatti punta i riflettori su una singola storia, ma non dobbiamo dimenticare che per ogni storia pubblicata ce ne sono tante altre diverse se non opposte che non vengono pubblicate, e che ci farebbero vedere quanto accaduto in modo più realistico e meno disincantato.

rigore

cortesia di
Jannes Glas

Sono passati oramai due mesi dalla conclusione degli europei di calcio, durante i quali ilPost.it ha pubblicato il pezzo La statistica dietro ai calci di rigore sui fattori che influenzerebbero l’esito dei calci di rigore calciati per decidere l’esito degli incontri a eliminazione diretta.

Sebbene allora non ce l’abbia fatta a commentare il pezzo a caldo, trovo che ancora oggi rimanga un’ottima occasione per descrivere un certo modo perverso di fare ricerca scientifica, funzionale a generare interesse e stupore presentando risultati però che il più delle volte sono effimeri. Spieghiamo come e perché.

quando i piccoli scalano le graduatorie


Se si guarda appunto alla copertura percentuale relativa alla prima dose, spiccano i piccoli borghi

A chiudere la graduatoria provinciale ci sono dei piccoli comuni:

da l’Eco di Bergamo del 24 agosto 2021

L’articolo dell’Eco fa il punto sulla campagna vaccinale degli adolescenti in Provincia di Bergamo, rilevando che sia i comuni con il più alto tasso di copertura che con quello più basso sono dei comuni di piccola dimensione demografica.

In effetti è proprio così, sia per i vaccinati parziali (quelli cioè che hanno ricevuto solo una dose delle due previste) che per i vaccinati completi.

Ho rielaborato i dati provinciali, suddividendoli in due gruppi, quello dei comuni meno popolosi e quello dei comuni più popolosi, in modo che avessero la stessa numerosità (cioè fissando la soglia del numero di adolescenti della fascia 12-19 anni a poco meno di 240). I due grafici seguenti riportano la distribuzione dei comuni piccoli e grnadi, per tasso di vaccinazione (parziale e completa).


La media del tasso di vaccinati è un poco più alta nel gruppo dei piccoli comuni rispetto a quella nei grandi comuni (di circa quattro punti percentuali e mezzo per la prima dose e di circa due punti percentuali e mezzo per le due dosi), quindi qualcuno potrebbe essere portato a ritenere che sia naturale che i tassi più alti si registrino nel primo insieme. Ma lo stesso succede anche per i tassi più bassi, e la giustificazione precedente non vale più.

Invero che i piccoli comuni si trovino ai primi come agli ultimi posti della graduatoria non è una sopresa e non deve apparire come tale.

esegesi di una percentuale


Come affermato anche dal virologo Anthony Fauci, vi è una limitata percentuale (dai dati italiani la stima è del 12%) di soggetti compiutamente immunizzati che possono infettarsi, quasi sempre senza sviluppare malattia, e contagiare. In che misura lo facciano in paragone ai non vaccinati merita ulteriori studi, in particolare mirati a definire quella che è la carica virale nelle loro vie aeree, naso e gola.

dal corriere.it del 1 agosto 2021

Così si è espresso il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico secondo quanto riportato da tutte le principali testate informative.
Io non riesco a dare un senso alla percentuale che cita. Anzi, sono convinto che oggettivamente la sua frase sia priva di senso. E, anche ammettendo che lui abbia voluto semplificare il discorso, non riesco a trovare un significato compatibile con le sue parole. Mi soprende che nessun giornalista che abbia avuto la mia stessa perplessità o abbia chiarito la questione. O perlomeno, io non ho trovato nulla in proposito.

In teoria qualunque vaccinato può infettarsi, soprattutto se tiene dei comportamenti a rischio. Evidentemente però Locatelli non voleva comunicare il fatto banale che la possibilità di infezione riguarda potenzialmente il 100% dei vaccinati, ma fornire una qualche misura percentuale dei casi di infezione nei vaccinati sulla base dei dati osservati, cioè rilevati effettivamente, in questi mesi.

Per cercare di ricostruire cosa significhi quel 12%, farò riferimento alla seguente tabella che descrive la situazione, seppur rozzamente, nel modo più essenziale e semplice possibile.

breviter sulla campagna vaccinale


Vaccini, arrivate a Pratica di mare 1,3 milioni di dosi AstraZeneca. Raggiunta quota 300 mila iniezioni

da Repubblica.it del 2 aprile 2021

Non è la prima volta che mi capita di leggere notizie sull’arrivo di forniture di vaccino che superano il milione di dosi. Non so se i numeri dichiarati servono a impressionare l’opinione pubblica o a tranquillizzarla sull’andamento degli approvvigionamenti. Al contrario, mi pare ci sia qualche motivo di preoccupazione. Basta rapportare gli stessi numeri agli obiettivi giornalieri dichiarati, ovvero 300 somministrazioni a marzo e 500mila ad aprile: un milione di dosi andrebbe esaurito in meno di tre giorni e mezzo secondo l’obiettivo più vicino ai numeri registrati negli ultimi giorni, e addirittura due giorni secondo quello più ambizioso. Insomma, di notizie del genere ce ne dovrebbe essere una un giorno si e uno( o due) no. Ma in tal caso si tratterebbe di eventi così ordinari che non dovrebbero nemmeno fare notizia. Un paradosso.

In base ai numeri attuali gli 1,3 milioni dell’ultima notizia riportata non arrivano a coprire 5 giorni. Stando così le cose, un contrattempo o un incidente nel sistema di produzione e distribuzione rischierebbe di bloccare l’intera campagna vaccinale. La notizia quindi sta in ciò che viene mascherato con numeri roboanti: ovvero che le forniture avvengono sul filo del rasoio, e che la situazione è precaria.

Giovedì sera a Piazza Pulita si citava tra le prove del fallimento della gestione vaccini in Lombardia (circa a 11:45) il fatto che fossero state somministrate solo l’89,1% delle dosi ricevute, una tra le percentuali più basse tra quelle rilevate a livello regionale. Forse questo dato è il risultato di inefficienze o mala organizzazione, ma a me non pare scandaloso, oltre a risultare potenzialmente comodo nell’attuale situazione. L’insieme delle dosi non ancora somministrate può rappresentare una scorta cui attingere nel caso in cui le forniture nazionali subiscano un qualunque ritardo. In base agli stessi calcoli fatti al punto precedente (200mila dosi non consumate, rapportate a 50mila giornaliere, ovvero 1/6 di 300mila, perché 1/6 è la quota di italiani che viuve in Lombardia), una riserva pari all’11% si traduce ai ritmi odierni in un’autonomia supplementare di circa 4 giorni. Non è un male, soprattutto perdurando qualche incertezza sul calendario dei prossimi arrivi.

morti dopo il vaccino, non per il vaccino


Su disposizione della procura, il Nas dei carabinieri sta sequestrando le fiale del lotto Abv 2856 in tutta Italia.

L’inchiesta è stata aperta su notizie di stampa relative alle morti di un sottufficiale della Marina […] e di un carabiniere […]: tutti e due sono stati vaccinati con il siero AstraZeneca proveniente dal lotto 2856.

da Repubblica.it dell’11 marzo 2021

Nel 2019 in Italia ci sono state circa 420mila nascite e 634mila morti. Il 2020 è stato un anno demograficamente anomalo per via della pandemia, ma non cambia il fatto che ogni giorno nascono e muoiono un migliaio e passa di persone. E’ difficile rendersi conto della dimensione di questo flusso ininterrotto di eventi se non astraendosi dalla nostra esperienza quotidiana circoscritta alla cerchia dei nostri parenti e conoscenti, o tuttalpiù all’insieme dei nostri concittadini.

La stragrande maggioranza delle morti riguarda persone in età avanzata, o in condizioni di salute già precarie. La stragrande maggioranza, ma non tutte. Ogni anno si verificano circa 60mila morti improvvise, cioè decessi di persone adulte non particolarmente anziane e senza disturbi fisici apparenti. 60mila morti improvvise su 60 milioni di italiani fanno mediamente mille morti improvvise all’anno, ovvero quasi 3 al giorno, ogni milione di abitanti. E’ con questi numeri che dobbiamo confrontarci per dare un senso (o negarlo) alla notizia delle morti sospette di due persone in Sicilia che avevano assunto da poco il vaccino. Vincendo la tentazione, umanissima di fronte a un fatto traumatico e doloroso come è ogni morte inattesa, di trovare una relazione, una causa, negli eventi immediatamente precedenti.

i vaccini in prospettiva

Ho letto su twitter una brillante analisi di Christina Pagel che esamina l’impatto della pandemia sulle differenti fasce d’età della popolazione per fornire qualche previsione sugli effetti a breve termine dalla politica di vaccinazione.

La ripropongo qui, senza alcuna ambizione di originalità, ma solo adattandola ai dati italiani che sono riuscito a raccogliere.

Procediamo per passi.

Primo passo: mettiamo a confronto la distribuzione per età della popolazione con quella dei casi confermati.

Se risultassero sensibilmente differenti, si identificherebbero quelle fasce di età che più delle altre sono colpite dal covid e, di conseguenza, contribuiscono anche alla diffusione della malattia. Un’informazione utile, almeno potenzialmente, per decidere la priorità nelle vaccinazioni.
Ma la composizione delle due barre si somiglia molto, a indicare che il covid colpisce all’incirca nella stessa misura tutte le fasce di età, con l’eccezione dei più giovani. E, del resto, occorre essere prudenti nel trarre conclusioni da questo confronto, perché il numero dei casi accertati sottostima fortemente il numero dei casi effettivi, e non è detto che la distribuzione per età di questi ultimi corrisponda a quella dei primi, che dipende anche dalla politica con cui si eseguono i test. Diventa più facile, infatti, trovare casi positivi tra i giovani, gli adulti o gli anziani semplicemente facendo più test in quegli stessi gruppi.

Secondo passo: esaminiamo anche la distribuzione per età dei malati che sono stati ricoverati in ospedale.

la zona rossa


Sull’errore, se così vogliamo chiamarlo, che ha portato la Lombardia a essere dichiarata zona rossa per una settimana si è aperta una discussione completamente distorta e fuorviante.

E non mi riferisco alla diatriba sulla responsabilità degli eventi; ciascuno, districandosi tra le differenti e in alcuni casi un po’ ingarbugliate versioni della Regione e dell’Istituto Superiore di Sanità, può alla fine essersi fatto un’idea più o meno precisa di come siano andate le cose.

Ciò che appare del tutto fuori luogo è la feroce opposizione, sempre e comunque, all’istituzione di una zona rossa, considerata come il male assoluto. Esternazioni moralistiche che, ancora prima che l’errore diventasse palese, hanno definito la zona rossa come una punizione immeritata stanno su un piano che è e deve rimanere totalmente estraneo a quello dell’azione finalizzata a proteggere la salute pubblica.

L’epidemia è la malattia, la zona rossa è la cura. Ora, si può legittimamente e anche pesantemente criticare l’efficacia della cura, lo farò anch’io più avanti, ma confondere la prima con la seconda è un assurdo logico che non aiuta a comprendere e ad affrontare il problema.

Ma altrettanto discutibile è l’insistenza sul danno che l’errata istituzione della zona rossa avrebbe provocato. A mio avviso non solo il danno non si può provare, ma di più: potrebbe rivelarsi un beneficio.

Mi spiego.

ancora sulla legge dei contagi


Torno sull’argomento del mio ultimo articolo per fare alcune riflessioni che allora, per brevità, ho omesso.

Avevo spiegato che la relazione che lega il numero atteso di contagi a quello delle persone in un assembramento è all’incirca quadratica: a parità di condizioni, cioè di luogo, chiuso o aperto, e di rispetto o meno delle misure di protezione, raddoppiando il numero delle persone il numero atteso di contagi all’incirca quadruplica.

Con il termine atteso voglio dire che il numero di contagi va inteso come una media, che può assumere valori qualunque e non solo interi (analogamente a quando si dice che il numero di figli per donna è all’incirca 1,4), e, specialmente nel caso di gruppi di piccole dimensioni, anche valori molto al di sotto dell’unità. Per esempio, un numero medio di contagi pari a 0,01 (o 0,02) si può interpretare immaginando che cento riunioni dello stesso tipo producano complessivamente uno (o due) contagi.

La relazione quadratica tra contagi e dimensione di un gruppo di persone è conseguenza del fatto che ogni contatto tra due persone può tradursi in un contagio. Facciamo finta per semplicità che il contatto si traduca in una semplice stretta di mano: in un gruppo di 5 persone dove ciascuna da la mano alle altre 4, complessivamente le strette di mano sono 10 (la metà di 5×4=20 per non contare due volte quella tra Tizio e Caio o Caio e Tizio) mentre in un gruppo composto dal doppio delle persone, ovvero 10, dove ciascuna da la mano alle altre 9, le strette di mano diventano in totale 45 (la metà di 10×9=90). E 45 è poco più del quadruplo, ovvero il doppio del doppio, di 10. Questo stesso rapporto calcolato per le strette di mano vale pari pari anche per i contagi che ne possono derivare.

Ora, nel valutare il rischio insito nella socialità all’interno di un gruppo, similmente ad altre situazioni che ho già descritto, si possono considerare due differenti punti di vista: quello individuale e quello livello collettivo.

numeri (im)pietosi

“Partirà da lunedì 4 gennaio […] la vaccinazione del personale [sanitario]. Si prevede una capacità di somministrazione iniziale fino a un massimo di 10.000 dosi al giorno, che potrà essere successivamente incrementata fino a 15.000”. Lo rende noto l’assessore regionale al Welfare della Lombardia Giulio Gallera […] “Questi numeri […] saranno in grado di rispondere al fabbisogno di coprire la popolazione sanitaria […] rispettando la scadenza fissata per tutte le regioni, entro la fine del mese di febbraio”

da il Giorno del 2 gennaio 2021

Facciamo un po’ di conti spannometrici. 15.000 vaccinazioni per 365 giorni […] fanno circa 5.500.000 vaccinazioni totali: poiché a ogni persona occorrono due dosi si arriva a 2.750.000 vaccinati. I lombardi sono 10 milioni, e per avere un’immunità di gregge si stima che occorre che sia immunizzata una percentuale tra il 60 e l’80% della popolazione, cioè tra 6 e 8 milioni: risultato che con questi ritmi si otterrà alla fine del 2022

da il Post del 4 gennaio 2021

Leggo sempre volentieri Maurizio Codogno anche se stavolta non sono d’accordo con lui nell’attribuire all’assessore lombardo responsabilità che non ha.

Personalmente, di Gallera trovo inappropriata l’espressione “fino a un massimo di”, che viene usata di frequente nelle campagne di vendita (chi non ha mai letto uno slogan del tipo risparmi fino al tot percento?) un po’ suriettiziamente per indicare valori raggiungibili solo in casi particolari se non eccezionali, mentre come cittadino mi interessa sapere quale sarà il volume ordinario, normale, delle dosi somministrate giornalmente. Perché valore medio e valore massimo sono due indicatori ben differenti, come già ho avuto modo di discutere.

Indubbiamente andando avanti a questo ritmo la campagna vaccinale si protrarrà almeno per un paio di anni. Solo che oggi non è possibile procedere più velocemente, perché la quantità di dosi che si prevede di somministrare segue di pari passo quella delle dosi fornite.