da capo a piedi

Alfonso Maruccia su Punto Informatico:

Dalle email scambiate tra funzionari e agenzie, studi sulle radiazioni, memorandum sui programmi di test e risultati dei suddetti test visionati da EPIC emerge un quadro a tinte fosche in cui il DHS (Departement of Homeland Security) e la TSA (Transportation Security Administration) fanno di tutto per “affermare la sicurezza” degli scanner millimetrali nonostante non esista alcuna prova scientifica a supporto di questa tesi, nascondono i rapporti che indicano quantità di radiazioni pericolose abbondantemente oltre i limiti consentiti e non tengono conto dei rapporti che identificano un gran numero di casi di cancro tra gli agenti preposti a una postazione di scanner.

Le autorità statunitensi hanno dubbi riguardo la sicurezza degli scanner, nondimeno la loro adozione aumenta all’insegna di una supposta “sicurezza superiore” rispetto al solito pericolo terrorista che cinge l’Occidente d’assedio: ora vengono installati persino nei centri commerciali statunitensi, mentre chi nel Regno Unito si rifiuta di farsi passare ai raggi X finisce per essere cacciato a pedate dall’aeroporto.

Sono molte le perplessità sull’impiego dei cosiddetti body scanner negli scali aeroportuali. Tuttavia gli organi di informazione sembrano concentrare la loro attenzione solo sul lato sicurezza ignorando o sottovalutando il lato efficacia.

Nei termini che ho sviluppato nel mio precedente intervento, il body scanner è un dispositivo utilizzato per decidere se un passeggero porta con se armi, esplosivi o altri oggetti proibiti, e quindi per fermare o meno (azione) una persona dichiarando (+ o –) la sua pericolosità o non pericolosità (vero o falso).

Tuttavia, contrariamente a tutti gli esempi discussi in precedenza, in questa situazione i falsi negativi sono errori ben più seri dei falsi positivi. E’ evidente, infatti, che lasciar passare un passeggero con dell’esplosivo è decisamente più grave che fermare un passeggero normale per sottoporlo ad altri controlli.

E’ giusto dunque quantificare il costo associato ai falsi positivi, misurando, oltre al peso legato alle perquisizioni dei soggetti fermati, anche i potenziali rischi alla salute di chi viene fermato senza motivo (e anche, ovviamente, quelli di chi lavora vicino ai body scanner). Ma ancora se non più importante è valutare l’efficacia di questi dispositivi, calcolando il tasso dei falsi negativi, cioè la percentuale di persone pericolose che non vengono identificate.

Del resto, il caso dei controlli aeroportuali è ideale o quasi perché i meticolosi controlli e le approdondite perquisizioni successivi al fermo dei soggetti giudicati pericolosi permettono di accertare per ogni caso se l’allarme è stato o meno fondato, e quindi di stimare il numero dei falsi positivi, mentre si può pianificare un test di sicurezza affinché agenti sotto mentite spoglie mimino il comportamento di malintenzionati mettendo così alla prova l’effettiva capacità di rilevare delle armi, in modo da fornire una base per la stima del tasso di falsi negativi. Ebbene, proprio questo metodo ha permesso di appurare negli Stati Uniti che 7 volte su 10, cioè nel 70% dei casi!, armi ed esplosivi hanno superato indenni i controlli!

Chi mai comprerebbe per la sua casa un rilevatore antiincendio sapendo che 7 volte su 10 non funziona? Eppure ci viene anche detto che comunque i body scanner rappresentano un deterrente per i terroristi a tentare di salire sugli aerei. Sciocchezza sesquipedale. Da una parte, siamo bombardati di notizie (o presunte tali) al limite della fantascienza secondo cui questi fantomatici terroristi disporrebbero di risorse tecnologiche all’avanguardia (l’ultima in ordine di tempo avverte del pericolo che un terrorista possa impiantare chirurgicamente – sigh! l’esplosivo nel proprio corpo), dall’altra invece dobbiamo convincerci che gli stessi terroristi siano così ingenui e stupidi da aver paura di macchine che non funzionano 7 volte su 10.

La verità più plausibile è, ovviamente, un’altra. I body scanner non aumentano sensibilmente la sicurezza dei viaggiatori, ma devono aumentare suriettiziamente la loro percezione di sicurezza (qui intendo sicurezza come protezione dell’incolumità fisica da atti “terroristici” e non come assenza di nocività per la salute). E tutto questo ha un prezzo che ricade sull’intera collettività.

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