padre avvocato politico

Ignazio La Russa

cortesia di wikimedia.org

Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante.

da RaiNews, 7 luglio 2023

L’Onorevole La Russa si è esposto nel brutto caso di cronaca che vede coinvolto il figlio, dicendosi certo della sua innocenza. Più che sulla posizione del figlio, io trovo interessante concentrarmi sulla scelta del padre: quale può essere il valore della sua dichiarazione? Cioé: è in grado di modificare sensibilmente l’opinione che ciascuno si è fatto dell’accusa al figlio (in direzione a lui favorevole, come viene spontaneo pensare)? Provo a dare qui una risposta in termini probabilistici.

Riassumiamo la situazione nella seguente sequenza di eventi: il figlio viene accusato di un misfatto (1), racconta la sua versione al padre (2) che poi esprime pubblicamente la sua posizione (3).

ricerca e trova: ma davvero?

mappamondo con asse polare

cortesia di chuttersnap

Leggendo la pubblicazione scientifica originale invece del riassuntino di Enrico Franceschini emerge che lo spostamento è appunto di settantotto centimetri e si riferisce all’effetto cumulativo avvenuto nel corso di quasi vent’anni, dal 1993 al 2010, e ascrivibile all’estrazione umana dell’acqua dal sottosuolo. Il comunicato stampa sottolinea che il polo di rotazione normalmente varia di diversi metri nel corso di un anno (“The rotational pole normally changes by several meters within about a year”). E quindi non c’è pericolo che l’estrazione dell’acqua possa far spostare le stagioni (“changes due to groundwater pumping don’t run the risk of shifting seasons”).

Il fatto che gli scienziati siano capaci di misurare variazioni così incredibilmente piccole (meno di un cinquantamilionesimo della circonferenza terrestre) dovrebbe essere già degno di notizia e ammirazione, e il fatto che noi umani estraiamo dal sottosuolo così tanta acqua da avere un effetto piccolissimo ma misurabile sulla rotazione dell’intero pianeta dovrebbe far riflettere. Ma se non si fanno titoli strillati e sensazionali, addio lettori.

dal blog di Paolo Attivissimo, 18 giugno 2023

Breve antefatto. La Repubblica pubblica un articolo dal solito titolo sensazionalistico sullo spostamento dell’asse terrestre causato dallo sfruttamento delle falde acquifere.
Il giornalista e cacciatore di bufale (spero di avere usato un’espressione corretta) Paolo Attivissimo lo smonta sul suo blog e dopo qualche giorno la Repubblica pubblica un nuovo articolo sulla notizia, che però ricalca in gran parte il primo.

Anche se l’argomento in sé è lontano dai miei interessi, trovo il caso interessante per fare qualche ulteriore considerazione.

Tutte le misurazioni quantitative, anche le più banali, sono soggette a errore.

ricerca e trova: ma davvero?

anziano che lavora a un pc

cortesia di Sweet Life

Vuoi vivere a lungo e in salute? Non smettere mai di lavorare! Detta così è un po’ brutale, ma gli studi scientifici dimostrano che ritardare il pensionamento rallenta il declino cognitivo e consente di sfuggire all’isolamento sociale. [Secondo] la ricerca più esaustiva […] gli over 65 che lavorano hanno tre volte più probabilità di stare meglio fisicamente rispetto a chi è inattivo e il 50% di probabilità in meno di contrarre patologie serie, come cancro o malattie cardiache.

Milena Gabanelli su il Corriere della Sera del 15 maggio 2023

Cum hoc ergo propter hoc, dicevano (evidenziando l’errore) i latini. Correlation is not causation, dicono gli anglosassoni. Traduco il concetto in italiano, a costo ahimé di diventare ripetitivo: non basta osservare due circostanze insieme per affermare che una è causa dell’altra.

Passi per la gente comune, ma quando a violare questa regola sono giornalisti investigativi, avvezzi a discutere di dati, per giunta su un tema così dibattuto e abusato, a pensare male… si fa peccato? E così mi sento in dovere di spendere qualche riga per rimettere le cose a posto.

ricerca e trova: ma davvero?

tazza di caffè fumante

cortesia di Nathan Dumlao

Bere caffè abbassa la pressione: ecco la sorprendente ricerca dell’Unibo

“I risultati che abbiamo ottenuto mostrano che chi beve regolarmente caffè ha una pressione sanguigna significativamente più bassa, sia a livello periferico che a livello centrale, rispetto a chi non ne beve”, spiega [il] primo autore dello studio.

“Si tratta del primo studio ad osservare questa associazione sulla popolazione italiana, e i dati confermano l’effetto positivo del consumo di caffè rispetto al rischio cardiovascolare”, aggiunge […].

da BolognaToday del 30 gennaio 2023

Il titolo dell’articolo descrive ahimé alla perfezione il risultato del subdolo slittamento dal primo passo citato al secondo. Perché alto e basso è antitesi differente da alzare e abbassare.

Proviamo a rincarare la dose, anzi, ad addolcirla. Immaginiamo di dividere l’insieme dei bevitori di caffè in due gruppi, chi lo beve con lo zucchero e chi lo beve senza. Se nel primo gruppo il livello di glicemia fosse mediamente più basso che nel secondo, saremmo forse autorizzati a concludere che lo zucchero abbassa la glicemia? Beh, spero che la risposta sia: no! Perché esiste almeno una spiegazione alternativa plausibile: che chi soffre già di glicemia alta evita di bere il caffè con lo zucchero; in altre parole, c’è una condizione preesistente che rende differenti i due gruppi rispetto ai valori medi della glicemia, a prescindere da come si beve il caffè.

ricerca e trova: ma davvero?

Adolescenti, “dormire poco peggiora rendimento scolastico. Utile posticipare le lezioni”

da La Nazione del 27 gennaio 2023

studente dorme su una panchina con un libro che gli copre la faccia

cortesia di Tony Tran

Questo titolo mi ha fatto tornare alla mente una battuta: “Estate, picco nelle vendite di gelati e di annegamenti. Il governo mette al bando coni coppette e ghiaccioli.”

E’ la la confusione di tre diversi piani: descrittivo (i due fenomeni sono associati), esplicativo (un fenomeno causa l’altro), prescrittivo (l’intervento sulla causa è in grado di eliminare l’effetto).

La confusione tra i primi due piani è all’origine del famoso motto correlation is not causation, di cui ho fatto in passato una carrellata di esempi.

Dimostrare un nesso causale tra due fenomeni è un obiettivo molto più stringente di accertare semplicemente l’esistenza di una correlazione; in particolare, occorre escludere tutte le principali cause alternative del fenomeno indotto.

tra il vendere e il leggere c’è di mezzo un mare da premettere

una pila di libri sopra una coperta fatta a magliaMilano si conferma la città dove si legge di più in Italia. È l’esito della classifica stilata da Amazon e il capoluogo lombardo per il decimo anno consecutivo è in vetta alle città che non vogliono rinunciare alla lettura. A seguire Roma e Torino […] e poi ancora Bologna e Genova, che chiude la top five e dimostra l’importanza che ancora riveste per i suoi abitanti la lettura. Tra le prime dieci, dal sesto al decimo posto, ci sono Firenze, Napoli, Padova, Verona e infine Trieste.

da il Fatto Quotidiano, 11 agosto 2022

Tempo fa scrivevo che la Lombardia è la candidata naturale a essere la prima regione italiana in graduatoria secondo la maggior parte delle statistiche in valori assoluti, per via del fatto che è anche, e di gran lunga, la regione più popolosa.

Lo stesso può dirsi delle città: se dovessimo compilare al buio (cioè senza nessuna conoscenza degli argomenti considerati) la classifica delle città italiane per numero di sale cinematografiche o di semafori o di accordatori di pianoforte, o per quantità consumata di sostanze stupefacenti o per traffico di dati sulle reti mobili, metteremmo al primo posto Roma e al secondo Milano, perché la grandezza demografica è il primo fattore che influisce sull’ordine di grandezza di ciascuna delle variabili prese a mo’ di esempio, e Roma e Milano sono la prima e la seconda città per numero di abitanti.

Primo fattore, ma non ovviamente l’unico: la relazione non è mai perfettamente proporzionale e tanti altri fattori fanno, o possono fare, di ogni città un unicum.

c’è(ra) una storia

Valle Brembana, paesaggio

cortesia di MatthewGhera

Ampi spazi, tanti vaccinati e mascherine ecco il «segreto» dei piccoli centri in Valle Brembana.
Piccoli e brembani. Questo l’identikit dei pochi paesi, esattamente sei, della Bergamasca che in base all’ultimo report di Ats sono a contagi zero.

da l’Eco di Bergamo, 28 gennaio 2022

Immaginiamo di essere spettatori di una vicenda (che può apparire grottesca ma non lo è, come vedremo alla fine) nella quale non possiamo assolutamente intervenire ma che possiamo solamente limitarci a commentare. Due amici appassionati di calcio, da soli su un campetto, per provare qualcosa di nuovo organizzano una sfida a due piuttosto singolare: una gara di calci di rigore da lontano a porta vuota. Le regole sono presto fatte: ogni calcio di rigore deve entrare in porta; ma, dato che non c’è nessuno a fare da portiere, anziché tirare dagli undici metri si allontana la palla fino ai trenta metri e, siccome anche così è troppo facile centrare la porta, invece di un singolo tiro se ne stabiliscono tanti di seguito; supera la sfida chi manda la palla in rete tutte le volte. Così la gara diventa meno banale: perché un tiro troppo debole può spegnersi prima di superare la linea di porta, oppure una folata di vento anomala, una zolla fuori posto, un attimo di distrazione, può produrre un tiro sbilenco che finisce fuori dai pali e dunque rovinare tutto.

quattro conti sul quinto set

campo centrale dell'Australian open

cortesia di Jono52795

Matteo Berrettini contro Rafael Nadal, nella semifinale degli Australian Open: […]
L’opzione più probabile, secondo gli esperti di scommesse, è quella che entrambi i contendenti conquistino almeno un set, evento che pagherebbe solo 1.44 volte la posta in palio. Secondo loro, inoltre, il risultato esatto che potrebbe verificarsi con maggiore probabilità è il quinto set: la vittoria di Nadal per 3-2 è data a 6.25, quella di Berrettini con il medesimo punteggio pagherebbe 7.75.

da il tennis italiano, 27 gennaio 2022

Più puntate i giocatori fanno al tavolo verde della roulette, più grossa diventa la cifra che vanno a perdere. Infatti, scommettendo 1 euro sull’uscita del rosso (o del nero, vale la stessa cosa) in caso di vincita ricevono 2 euro. Peccato che la roulette abbia 37 caselle, di cui 18 rosse, 18 nere e 1 verde, lo zero. Con questo tipo di puntata ogni giocatore vince in media 18 volte su 37: le 37 scommesse comportano un esborso di 37×1 euro, mentre le 18 vincite procurano un incasso di 18×2=36 euro. Ogni 37 puntate quindi il giocatore medio perde 1 euro; ogni 370 puntate, 10 euro, e via dicendo. Nel lungo andare, per il giocatore incallito, non c’è scampo. Mentre i gestori dei casinò possono gongolare felici.

Affinché il banco non goda dell’indebito vantaggio dovuto alla presenza dello zero, la quota, ovvero la vincita corrispondente a una posta unitaria, non dovrebbe valere 2 ma qualcosa di più: per la precisione 37/18≈2.0556. Così, a fronte di 37 giocate da 1 euro, in media si vincerebbe 18 volte, guadagnando complessivamente 18×37/18=37 euro e andando così a pareggiare entrate e uscite.

Un gioco dove perdite e guadagni attesi si pareggiano si dice equo: esso non favorisce né il banco, né i giocatori. E’ facile ricavare la condizione che definisce il gioco equo: se la probabilità di vincita è pari a p, la quota deve essere 11p. Abbiamo già visto il caso in cui alla probabilità del 50%=0.5 corrisponde una quota equa pari a 10.5=2. Ma la regola vale anche per qualunque altro valore. Per esempio, se un certo risultato ha probabilità pari al 20%=0.2, allora puntando 1 euro in caso di vittoria se ne riceverebbero 10.2=5. Infatti a fronte di 10 puntate di 1 euro, e quindi di una spesa complessiva di 10 euro, lo scommettitore vincerebbe in media 10×20%=2 volte per un introito complessivo di 2×5=10 euro.

Questo preambolo mi serve per mostrare che la conclusione del pezzo sulla sfida tra Berrettini e Nadal è sbagliata: non è vero che secondo gli esperti è più probabile concludere la partita al quinto set.

una disputa poco filosofica tra numeri assoluti e percentuali

tweet di Fusaro: chiaro?

Voglio prendere posizione anch’io nella disputa tra il filosofo Fusaro e un suo nutrito gruppo di oppositori su twitter.

Fusaro in un tweet dell’altro giorno ha riportato, senz’altro commento se non un laconico “chiaro?” a mio avviso tutt’altro che chiaro, i numeri assoluti di tamponi eseguiti e di casi positivi rilevati lo stesso giorno, a distanza di un anno l’uno dall’altro, con quelli più recenti entrambi molto più grandi di quelli di un anno fa (88mila tamponi di cui 11mila positivi contro 852 mila di cui 31mila positivi). Date le posizioni estremamente critiche di Fusaro verso la strategia governativa di contenimento della pandemia, in tanti hanno interpretato il suo tweet come una critica all’efficacia dei vaccini.

E così in brevissimo tempo è stato subissato di risposte, aspre, piccate e sarcastiche, dove gli si obiettava che sarebbe bastato calcolare le percentuali di positività riferiti alle due date per accorgersi che la situazione attuale è decisamente migliore (3.7% attuale contro 12.4% l’anno scorso); e dimostrando così proprio l’efficacia dei vaccini da lui contestata.

Lo stesso Fusaro poi, in un video successivo ha sostenuto che col suo tweet voleva semplicemente constatare (perlomeno da quello che ho inteso ascoltandolo frettolosamente, perché mal digerisco il suo eloquio logorroico e turbosonante pomposo) come a un maggior numero di tamponi corrisponde un maggior numero di positivi, anche in tempo di vaccini.

Ebbene, tra le due parti io… prendo le distanze da entrambe.

Da Fusaro, perché le sue constatazioni sui numeri assoluti sono talmente ovvie e banali che non dicono alcunché di nuovo, né dimostrano qualcosa sui vaccini che già non si sapesse; ovvero, che non impediscono la trasmissione del virus.

Dai suoi avversari, perché il calcolo delle percentuali, che in generale permette di confrontare l’incidenza di un fenomeno in insiemi di dimensioni diverse, in questo caso non consente di trarre delle conclusioni convincenti sull’efficacia dei vaccini anche contro la trasmissione del virus.

quando un raddoppio non vale un dimezzamento

cortesia di Alexandra_Koch

Uno studio dell’Imperial College di Londra conferma un tasso inferiore di ricoveri rispetto alle precedenti forme del virus: meno 40%. E una indagine della UK Health Security Agency stima dal 50 al 70 per cento meno ricoveri con l’Omicron. Che tuttavia si diffonde il doppio più velocemente ed è più resistente ai vaccini.

In sostanza, nota la Bbc, se la pericolosità dell’Omicron si dimezza ma il numero dei casi raddoppia, la pressione sugli ospedali rimane invariata.

da repubblica.it del 23 dicembre 2021

Le notizie sulla variante Omicron si susseguono negli ultimi giorni frenetiche ma un po’ confuse e contraddittorie. Del resto non potrebbe essere altrimenti: i dati raccolti finora sono parziali e non consentono di trarre conclusioni affidabili e convincenti.

Secondo l’articolo de la Repubblica la maggiore contagiosità di questa nuova variante compenserebbe la sua minore virulenza, perlomeno da come appare finora. Mi spiace rilevare che purtroppo non è così.

In effetti la minore virulenza, come sostenuto da più parti, potrebbe essere solo apparente, per via del maggior livello di resistenza all’infezione nella popolazione, in gran parte vaccinata; ma ammettiamo pure che sia effettiva. Ciò che vorrei evidenziare ora è che virulenza e contagiosità non producono effetti, diciamo così, di uguale portata.