Percentuale di possesso di palla, numero di tiri in porta e distanza percorsa sul campo da ciascun giocatore: sono solo alcune delle statistiche mostrate in sovraimpressione durante le telecronache delle partite di calcio, grazie alle numerose telecamere che scandagliano il campo da gioco senza soluzione di continuità.
L’enorme abbondanza di dati che le nuove tecnologie mettono a disposizione consente di confrontare anche graficamente i profili dei giocatori più famosi secondo le metriche più disparate, di costruire indici per valutare la loro forza, quella dei club di loro appartenenza e delle nazionali che partecipano ai mondiali di calcio.
Alcuni di questi indici sono stati e sono impiegati per prevedere i risultati delle partite dei mondiali di calcio in corso di svolgimento interattivamente, man mano che questo procede: tanto per citare qualche esempio, l’indice SPI sul sito FiveThirthyEight di Nate Silver, lo statistico che ha predetto esattamente il risultato delle ultime presidenziali statunitensi, l’algoritmo Power Rank di chartball, da cui è tratta l’immagine di fianco, e il progetto dell’Università di Berlino che è interessante anche perché consente di personalizzare i criteri in base ai quali simulare le partite.
Tutte queste iniziative mi hanno fatto tornare alla mente un racconto che ho scritto per diletto eoni fa, quando ero ancora un adolescente, proprio sull’impiego di quelli che oggi chiameremmo big data nella previsione del risultato dei mondiali. Mi sono messo a cercarlo e l’ho ritrovato nei meandri dei miei archivi. Lo ripropongo tale e quale, pur con i mille difetti che ha e tutta l’ingenuità che può dimostrare a distanza di tanto tempo (insomma, tanto per intenderci, si era ai tempi dei primi personal computer). Ho cambiato solo il nome di due squadre in modo che possa essere letto, nel limite del possibile, come attuale anche in questi giorni, a mondiale brasiliano ancora in corso. Perdonate il mio gesto nostalgico. :)
Chi vincerà i mondiali di calcio
Chiamò l’ascensore che doveva portarlo al diciottesimo piano, ai laboratori di ricerca di cui era direttore. Quella mattina si sentiva particolarmente stanco, più del solito; del resto, la sera precedente aveva anche fatto molto tardi in ufficio. Il lavoro negli ultimi tempi lo attraeva poco, non riusciva più a suscitare in lui gli entusiasmi che in gioventù lo rendevano così attivo e infaticabile. E poi, ancora tre mesi e sarebbe andato in pensione. Ormai aspettava solo quel momento. …